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Domande e risposte sul piano d’azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente
Perché abbiamo bisogno di questo piano d’azione?
Attualmente le aree marine protette coprono soltanto il 12% dei mari dell’UE e non tutte sono gestite in maniera efficace. Meno dell’1% sono rigorosamente protette. Non basta per far fronte alla perdita generalizzata di biodiversità e agli effetti dei cambiamenti climatici.
Il piano d’azione proposto oggi dalla Commissione contribuirà alla gestione efficace di tali zone e, di conseguenza, all’obiettivo di proteggere giuridicamente ed efficacemente il 30% dei mari dell’UE entro il 2030 nell’ambito della Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, un’iniziativa faro nel quadro del Green Deal europeo, sostenuta dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Il piano d’azione risponderà inoltre agli impegni assunti dall’UE nell’ambito dell’accordo storico concluso in occasione della COP15 di Montreal su un nuovo quadro globale sulla biodiversità. Il piano d’azione presenta azioni concrete volte a ripristinare gli ecosistemi marini e a ridurre gli effetti delle attività di pesca sull’ambiente marino.
Proteggendo e ripristinando gli ecosistemi marini, comprese le zone di riproduzione e di crescita del novellame, questo piano d’azione contribuirà a salvaguardare i mezzi di sussistenza delle comunità di pescatori, il loro avvenire e quello della nostra società nel suo insieme. Il piano contiene diverse azioni volte ad assicurare una transizione equa e giusta per le attività di pesca e le comunità che saranno interessate nel breve periodo.
Il piano d’azione mira inoltre a promuovere una maggiore cooperazione tra le autorità responsabili della pesca e dell’ambiente, a tutti i livelli di governance, nazionale, regionale, locale e dell’Unione. Occorre rafforzare il dialogo e la cooperazione e il coordinamento tra le due comunità per attuare la pertinente legislazione dell’UE in materia di pesca e ambiente in modo più efficiente e coerente nell’interesse di tutti.
Cosa propone il piano d’azione?
Il piano d’azione fa parte degli sforzi messi in atto dalla Commissione per conseguire un’attuazione più coerente della politica ambientale dell’UE e della politica comune della pesca, con i suoi tre pilastri di sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Punta ad accelerare la transizione verso pratiche di pesca più sostenibili:
- utilizzando attrezzi e pratiche di pesca più selettivi nell’ambito della pesca commerciale al fine di ridurre le catture di novellame e aumentare così le opportunità di riproduzione degli stock ittici e mantenere le loro popolazioni selvatiche;
- sfruttando le innovazioni e le pratiche tecnologiche volte a prevenire le catture accidentali di specie sensibili; e
- eliminando gradualmente la pesca di fondo in tutte le zone marine protette entro il 2030, alla luce del ruolo fondamentale che svolgono nel ripristino della biodiversità marina e dell’importanza dei fondali marini per la salute degli ecosistemi marini e la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Questa transizione deve essere sostenuta da finanziamenti facilmente reperibili, da attività scientifiche volte a sviluppare e promuovere tecniche di pesca innovative e da un quadro di governance solido che consenta il dialogo tra le comunità di pesca e ambientali.
Quali sono le azioni proposte per proteggere le specie minacciate?
Il piano d’azione propone diverse azioni intese a ridurre le catture accidentali di specie minacciate, la maggior parte delle quali sono già protette dal diritto dell’Unione. Fissa un calendario per aiutare gli Stati membri a dare la priorità alle specie che necessitano maggiormente di protezione.
Propone di occuparsi in primo luogo, già da quest’anno, delle specie che si trovano in condizioni critiche. Si tratta della focena della zona iberico-atlantica, del Mar Baltico e del Mar Nero, nonché del delfino comune nel Golfo di Biscaglia.
Nel 2024 il piano si concentrerà sullo squadro, sulla razza comune, sul pesce violino, sulla razza maltese, sullo squalo bianco, sullo squalo toro, sullo squalo paludoso, sullo storione, sulle tartarughe marine, sulla berta delle Baleari e sulla foca monaca del Mediterraneo.
Infine, entro il 2030 gli Stati membri dovranno adottare misure atte a ridurre o eliminare le catture accidentali di tutte le specie il cui stato di conservazione è sfavorevole o che sono minacciate di estinzione e protette in virtù del diritto dell’Unione, nonché di qualsiasi altra specie marina sensibile che necessiti di protezione.
Al fine di conseguire tali obiettivi, la Commissione invita gli Stati membri ad adottare misure nazionali o a proporre raccomandazioni comuni adattate alle diverse condizioni di ciascuna regione marina. La designazione e la gestione efficace delle zone marine protette è un altro strumento che va utilizzato per proteggere pienamente queste specie.
La Commissione intende vietare tutte le attività di pesca di fondo in tutte le acque dell’UE?
No. La pesca di fondo, in particolare la pesca a strascico, ha un impatto significativo sul fondale marino, ma è possibile continuare la pesca di fondo in alcune parti delle acque dell’UE pur proteggendo ampie zone del fondo marino che rivestono un’importanza ecologica. La maggior parte delle attività di pesca di fondo avviene in determinate zone di pesca specifiche, mentre in altre zone più ampie l’intensità della pesca è minore. Grazie a una gestione efficiente è possibile proteggere i fondali marini mantenendo nel contempo le attività di pesca di base, autorizzando la pesca di fondo in altre zone e persino migliorando le catture a lungo termine.
La Commissione invita gli Stati membri a dare priorità all’eliminazione graduale della pesca di fondo nei siti Natura 2000 ai sensi della direttiva Habitat che protegge i fondali marini e le specie marine. Per farlo gli Stati membri dovrebbero adottare misure nazionali o, qualora altri Stati membri abbiano un interesse diretto nella gestione delle attività di pesca interessate da tali misure, presentare proposte di raccomandazioni comuni ai rispettivi gruppi regionali entro marzo 2024. In tutti i bacini marittimi d’Europa vi sono gruppi regionali per attuare l’approccio regionalizzato alla gestione della pesca della politica comune della pesca tenendo conto delle differenze regionali e delle sfide specifiche.
La Commissione invita gli Stati membri dei diversi bacini marittimi ad accelerare ulteriormente il ricorso al processo di regionalizzazione per applicare efficacemente le misure di gestione della pesca nei siti marini Natura 2000 ed entro il 2030 in tutte le zone marine protette.
Per garantire condizioni di parità in tutta Europa, la Commissione invita gli Stati membri a definire, insieme ai portatori di interessi, entro marzo 2024, le zone soggette al divieto per almeno il 20% delle acque marine di ciascuno Stato membro.
Infine, sono necessari sforzi costanti per proteggere e ripristinare i fondali marini al di fuori delle zone marine protette per garantire il rispetto della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e conseguire gli obiettivi della proposta normativa sul ripristino della natura. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero concordare rapidamente e attuare i valori soglia per l’integrità dei fondali marini, attualmente in fase di elaborazione nell’ambito della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. I valori soglia definiscono fino a che punto i fondali marini possono essere distrutti o danneggiati dalle attività umane, per preservarne il buono stato ecologico.
Perché concentrarsi sul divieto della pesca di fondo nelle zone marine protette?
Le buone condizioni degli habitat dei fondali marini sono una condizione fondamentale per la salute degli ecosistemi marini. Grazie alla loro ricca biodiversità forniscono zone di riproduzione e di crescita del novellame per molte specie e contribuiscono a mantenere la struttura e il buon funzionamento della rete trofica marina, nonché a regolare il clima. Anche i sedimenti oceanici sono importanti pozzi naturali di assorbimento del carbonio e si riconosce sempre più l’importanza di stoccare e mantenere il carbonio blu negli habitat marini per affrontare i cambiamenti climatici. La pesca con determinati attrezzi di fondo mobili è una delle attività più diffuse e dannose per i fondali marini e i relativi habitat.
Le zone marine protette sono aree geograficamente distinte dedicate alla conservazione degli ecosistemi marini. Si tratta di mezzi riconosciuti a livello mondiale per salvaguardare la biodiversità e mantenere la salute degli ecosistemi marini e la fornitura di servizi ecosistemici. Attualmente le aree marine protette coprono soltanto il 12% dei mari dell’UE, ma non tutte sono gestite in maniera efficace e meno dell’1% sono rigorosamente protette.
In base ai pareri scientifici forniti alla Commissione nel 2021 dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), la pesca di fondo con attrezzi mobili e, in particolare, la pesca a strascico sono tra le attività marine più diffuse che disturbano i fondali marini d’Europa. Tuttavia, la pesca di fondo con attrezzi mobili continua a essere diffusa nelle acque dell’UE, tra cui in molti siti Natura 2000 e in altre zone marine protette. Ciò compromette il conseguimento degli obiettivi di conservazione dell’UE e mondiali.
Tenuto conto della particolare necessità di proteggere e ripristinare le zone marine protette, che sono le zone più ricche di biodiversità, la Commissione invita gli Stati membri a eliminare gradualmente la pesca di fondo in tutte le zone marine protette esistenti e nuove entro il 2030. Occorre proteggere e ripristinare con urgenza gli habitat dei fondali marini nelle zone marine protette in considerazione della loro importanza quali punti nevralgici della biodiversità marina e dei pozzi di assorbimento del carbonio dell’UE, nonché degli obblighi giuridici di lunga data relativi alla loro gestione efficace ai sensi delle direttive Uccelli e Habitat.
Che ripercussioni avrà il piano d’azione sui pescatori e sul settore della pesca?
Le attività di pesca dipendono da un ambiente marino sano, caratterizzato da stock ittici sani e da una ricca biodiversità. Il presente piano d’azione intende quindi essere un piano volto a garantire un futuro prospero alle comunità di pescatori a medio e lungo termine. Le misure che saranno adottate per migliorare la conservazione e la protezione delle specie e degli habitat marini, in particolare nelle zone marine protette e nelle zone di riproduzione e di crescita del novellame per le specie commerciali, andranno direttamente a vantaggio della pesca grazie alla ricostituzione degli stock ittici.
Tuttavia, a breve termine, queste azioni incidono sulla vita quotidiana dei pescatori e delle comunità che dipendono da tali pratiche di pesca. È quindi importante garantire che la transizione sia graduale e che gli Stati membri tengano debitamente conto delle esigenze specifiche delle comunità locali e offrano loro un sostegno mirato. Gli impatti socioeconomici a breve termine di questa transizione verso una pesca più sostenibile dovranno essere compensati al fine di garantire una transizione giusta ed equa.
La Commissione esorta gli Stati membri a utilizzare meglio i fondi dell’UE, nonché i finanziamenti nazionali e privati, per assistere le comunità più colpite e aiutarle a diventare più resilienti e ad innovare e adattarsi. Si tratta di utilizzare meglio gli aiuti disponibili attraverso gli strumenti di finanziamento dell’UE, in particolare il sostegno all’innovazione e alla diversificazione delle attività economiche, il sostegno alla transizione energetica e l’aumento della selettività degli attrezzi da pesca.
I fondi da utilizzare a tal fine sono principalmente il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) e il programma LIFE, che svolgono un ruolo centrale nel sostenere gli obiettivi strategici in materia di clima e biodiversità. Altre fonti di finanziamento includono Orizzonte Europa, il Fondo europeo di sviluppo regionale (compresi i programmi Interreg), il Fondo sociale europeo+ (FSE+), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il meccanismo per collegare l’Europa e il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
Gli Stati membri dovrebbero utilizzare questi strumenti dell’UE in forma strategica, aumentare i finanziamenti nazionali e incoraggiare gli investimenti del settore privato per indirizzare il sostegno verso la transizione, ad esempio adottando strategie di specializzazione intelligente per un’economia blu sostenibile. La Commissione continuerà a guidare e sostenere pienamente le iniziative degli Stati membri in questo processo. Anche i programmi mirati di formazione e miglioramento delle competenze gestiti con il sostegno dell’UE nell’ambito dei fondi Erasmus+, FEAMPA o FSE+ potrebbero contribuire a creare collegamenti con altri settori dell’economia blu, come la produzione di alghe e l’agricoltura marina rigenerativa, le energie rinnovabili e l’acquacoltura sostenibile.
Come intende la Commissione garantire l’attuazione di tale piano d’azione?
La Commissione invita gli Stati membri ad attuare le azioni necessarie in stretta collaborazione con tutti i portatori di interessi, al fine di attuare le politiche dell’UE in materia di ambiente e pesca in piena coerenza. L’obiettivo finale del piano d’azione è garantire un settore della pesca sostenibile e prospero, in grado di coesistere e di beneficiare di ecosistemi marini sani e ricchi di biodiversità.
Entro la fine di marzo 2024 e parallelamente all’adozione di misure nazionali o alla presentazione di raccomandazioni comuni ai gruppi regionali per vietare la pesca di fondo con attrezzi mobili nelle zone marine protette che sono siti Natura 2000 che proteggono i fondali marini e le specie marine, gli Stati membri sono tenuti a preparare e pubblicare tabelle di marcia che illustrino le misure che intendono adottare per attuare il piano d’azione.
Nel 2023, oltre a fornire rapidamente modelli agli Stati membri per la preparazione delle rispettive tabelle di marcia, la Commissione istituirà un gruppo che riunirà rappresentanti di tutti gli Stati membri, con i portatori di interessi in veste di osservatori, per sostenere l’attuazione del piano d’azione e monitorarne i progressi. L’obiettivo sarà facilitare la condivisione delle conoscenze e le discussioni tra le comunità di pesca e le comunità ambientali, nonché offrire agli Stati membri una piattaforma di dialogo sull’attuazione delle rispettive tabelle di marcia. La prima riunione di questo gruppo sarà convocata nell’autunno 2023.
La Commissione informerà regolarmente il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni in merito all’attuazione del presente piano d’azione.
Gli Stati membri dovrebbero inoltre utilizzare meglio il sostegno disponibile attraverso gli strumenti di finanziamento dell’UE, in particolare il sostegno all’innovazione e alla diversificazione delle attività economiche, nonché per aumentare la selettività degli attrezzi da pesca.
Nel primo semestre del 2024 la Commissione valuterà i progressi compiuti nell’attuazione del presente piano d’azione nel quadro della revisione intermedia della strategia sulla biodiversità, e valuterà le eventuali altre azioni necessarie per migliorare l’attuazione del piano d’azione.
FONTE: COMMISSIONE EUROPEA